Nel 151esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Giovanna Di Lello (direttrice del John Fante Festival “Il dio di mio padre”) ha presentato il libro di Pascal D’Angelo “Son of Italy” (Readerforblind). Si sono confrontati con lei Matteo Cacco (manager della ricerca Università di Colonia e studioso di letteratura italoamericana) e Massimo Tardio (presidente Fondazione Pascal D’Angelo).

D’Angelo, ha ricordato Di Lello, era originario di Introdacqua, in provincia dell’Aquila, ed “è considerato uno degli scrittori più rappresentativi della letteratura italoamericana. Nasce a fine Ottocento da una famiglia di contadini molto modesta, l’Abruzzo era allora una delle regioni più povere del Mezzogiorno. Nel 1910 emigra con il padre negli Stati Uniti, a diciassette anni inizia a lavorare come spaccapietre nei cantieri delle ferrovie. In modo straordinario si appassiona alla lingua inglese, al suo potere espressivo ed evocativo. Legge molto, frequenta le biblioteche, capisce che si può esprimere scrivendo. Si dedica alla poesia, partecipa a concorsi letterari. Viene notato da Carl Van Doren che lo aiuta a pubblicare le sue poesie e la sua autobiografia “Son of Italy”, che racconta del suo amore per la letteratura e per la scrittura. E’ stata pubblicata a New York nel 1924 e rieditata in Italia qualche mese fa”.

Cacco ha spiegato che “l’America conosciuta da Pascal D’Angelo è agli antipodi rispetto a quella immaginata dall’Abruzzo, da dove era vista come un sogno di giustizia sociale rispetto alla regola latifondista. Pascal D’Angelo ha il merito di rappresentare la natura e la Maiella come un luogo bucolico nel quale il tempo che passa non sembra toccare la quotidianità, lo fa con eleganza, strizzando l’occhio all’ideale americano. Questo si sarebbe rivelata un’illusione: l’arrivo degli immigrati in America genera uno scontro culturale tra l’identità italiana e quella americana. L’obiettivo era diventare un poeta, ma a differenza di John Fante non ricevette una piena attenzione della critica. La sua peculiarità è capire che per arrivare al sogno americano bisogna attraverso la perseveranza padroneggiare la lingua inglese. Son of Italy rivela la diversità di Pascal D’Angelo, che si esprime come uno psicologo – cronista realista, offre una testimonianza della realtà cruda della comunità italiana a New York, senza particolari intenti di denuncia sociale. Si considerava un poeta, le poesie servono a Pascal D’Angelo per riaprire quel ponte temporale con l’Abruzzo, messo a confronto con la durezza della vita degli immigrati in America: è una caratteristica precisa del valore letterario della sua opera, che così ricostruisce l’identità italoamericana”.

Di D’Angelo Tardio ha detto che “aveva appena il diploma della seconda elementare. La sua situazione familiare di partenza era di estrema povertà. Col padre vivono in una sorta di colonia di abruzzesi, decide di rimanere in America anche dopo il padre, e inizia così il suo sogno di integrazione, abbandonando l’enclave italiana, apprendendo della necessità di imparare l’inglese. Inizia a studiarlo e scopre la poesia. anche se fu Son of Italy a garantirgli una piccola rendita per vivere, in modo molto sobrio. Ma anche Son of Italy è pieno di poesie, ce ne sono persino all’interno del testo”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui.