Mentre è molto animato il dibattito in seno all’Unione europea sui tempi e sulle modalità di attuazione delle misure e dei provvedimenti per la transizione ecologica, va registrata un’importante opportunità di avanzamento per quanto riguarda le norme internazionali di protezione dell’ambiente. Un utile aggiornamento al riguardo lo fornisce il Servizio affari internazionali del Senato, che dedica un focus alle prospettive di riconoscimento del nuovo crimine internazionale di ecocidio.

In premessa si spiega che la protezione dell’ambiente nel diritto e nei contesti bellici ha fatto registrare negli anni importanti progressi. Da annotare quelli del 1977, in occasione della guerra in Vietnam: allora furono siglati protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra che per la prima volta proibirono tra le altre cose che l’ambiente venisse considerato specifico obiettivo militare, oltre che vietare tecniche per la sua modificazione. Si dovette tuttavia attendere il 1998 per arrivare all’articolo 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, quando venne configurato come un crimine di guerra lanciare un attacco con la consapevolezza che abbia l’effetto di causare danni gravi estesi e duraturi. Una fondamentale premessa allo storico passaggio del 7 dicembre scorso, quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che ha adottato in relazioni ai conflitti armati i principi sulla protezione dell’ambiente elaborati dalla Commissione di diritto internazionale dell’Onu. Il 25 gennaio scorso l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha auspicato una maggiore protezione dell’ambiente nei conflitti armati e la codificazione del reato di ecocidio. Sempre dal Consiglio d’Europa è arrivato l’input per una nuova convenzione sulla protezione dell’ambiente, dove potrebbe avere spazio tale codificazione.

E’ in questo contesto di progressivo avanzamento che matura l’iniziativa di dodici avvocati esperti di diritto internazionale riuniti nella coalizione “Stop Ecocide International”, che hanno elaborato la definizione del reato come “atti illegali o arbitrari commessi nella consapevolezza di una sostanziale probabilità di causare un danno grave e diffuso o duraturo sull’ambiente con tali atti”. Nel frattempo l’Unione europea sta dibattendo su come introdurre l’ecocidio come crimine internazionale sia nei conflitti armati che in tempo di pace, individuando nella proposta di modifica della direttiva del 2008 sulla tutela penale dell’ambiente come la strada più efficace.

Il 17 aprile prossimo il Parlamento europeo discuterà in sessione plenaria proprio la modifica di tale direttiva, sulla base del testo presentato dalla Commissione. Si legge nel rapporto del Servizio affari internazionali del Senato: “Nell’attuale testo, l’ecocidio è menzionato nel preambolo, ma non nel dispositivo principale dove sono elencati i reati. Il riconoscimento dell’ecocidio come nuovo reato creerebbe un deterrente applicabile ai danni più gravi e duraturi all’ambiente. Riconoscere l’ecocidio come un crimine nella direttiva europea permetterebbe, inoltre, di sostenere e rafforzare le leggi ambientali esistenti in tutti gli Stati membri dell’Ue. La positivizzazione dell’ecocidio come crimine a livello di diritto europeo costituirebbe anche un importante precedente internazionale. Uno studio co-finanziato dal Programma Giustizia dell’UE e dallo European Law Institute di Vienna propone di disciplinare il reato di ecocidio nel diritto dell’UE sia utilizzando gli emendamenti alla citata Direttiva, sia presentando una proposta di Decisione del Consiglio dell’UE che preveda per l’Ufficio del Pubblico Procuratore Europeo (EPPO) istituito nel 2017 la possibilità di perseguire il crimine di ecocidio”.

Un imminente importante passaggio, quindi, su cui tenere alta l’attenzione, per la valenza che riveste nel più generale percorso della transizione ecologica.

 

Michele Fina