Ospiti del 98esimo incontro della rubrica di Michele Fina “Dialoghi, la domenica con un libro” sono stati Roberto Della Seta (giornalista e storico, già presidente di Legambiente) e Francesco Giasi (direttore della Fondazione Gramsci). Si è discusso del libro di Della Seta “Ecologista a chi? Chiara fama e lati oscuri del pensiero green alla prova del Covid” (Salerno Editrice).

Fina ha sottolineato che “se si vuole avere contezza della storia del pensiero ecologista in Italia bisogna leggere Roberto Della Seta, l’unico vero autore che si è cimentato con esso facendo lo sforzo di collocarlo all’interno delle discipline”.

Per Giasi si tratta di “un libro ben scritto, godibile, che funziona come introduzione generale ai temi connessi all’ambientalismo e all’ecologia. Tratta quindi temi e problemi complessi ma la scrittura, lo stile, la composizione rendono la lettura assai piacevole. Per me è anche un libro utile perché ci informa e ci aggiorna. La forza viene dalla maturità dall’autore che si occupa da oltre 35 anni di questi argomenti. E’ uno dei principali animatori del movimento ambientalista in Italia, che si è cimentato da subito con i problemi teorici e storici. Sa dialogare con gli specialisti delle altre discipline per offrici una visione totale che contiene anche molte pagine da manifesto politico, da uomo di parte quale è l’autore. Io condivido il programma del suo ambientalismo per così dire adulto, alla base c’è il dualismo tra uomo e natura”.

Della Seta ha spiegato che “nel titolo è citato il Covid innanzitutto perché l’ho scritto in isolamento, approfittando di 21 giorni per realizzare un’idea che avevo da tempo. Poi perché credo che la pandemia sia una cartina tornasole per una serie di problemi che il movimento ecologista ha davanti. Il principale è che gli ecologisti hanno vinto sul piano culturale ottenendo grandi risultati anche dal punto di vista delle decisioni politiche: oggi la loro visione del mondo che sembrava minoritaria non è più messa in discussione. Proprio perché come ecologisti abbiamo vinto dobbiamo cambiare pelle, altrimenti rischiamo di essere spettatori della transizione ecologica che abbiamo contributo a rendere realistica. L’esempio è l’opposizione che incontra spesso chi propone di realizzare un impianto di produzione di energia rinnovabile, in nome della difesa di paesaggio: ma questo è in realtà frutto del rapporto tra uomo e ambiente. Gli ecologisti devono acquistare la capacità di collegare la difesa dell’ambiente a una prospettiva che non sia la conservazione dell’esistente. E’ un libro critico verso un certo tipo di ecologisti ma dall’altra parte anche verso il cosiddetto greenwashing. La transizione ecologica costa ma costa molto di più non farla, a cominciare dai più poveri. Va accompagnata con adeguate politiche pubbliche, che in Italia ancora mancano”.

L’autore ritiene che “il futuro politico degli ecologisti passa dalla capacità di proporsi come qualcosa di diverso rispetto alla sinistra novecentesca, pur nascendo in quella tradizione e avendola come riferimento principale. Bisogna considerare tuttavia che ci sono Paesi in Europa dove i partiti conservatori hanno fatto su questi temi un cammino almeno altrettanto innovativo dei partiti socialisti, come la Germania. Bisogna quindi anche rimescolare le linee discriminanti che dividono la sinistra dalla destra”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui.