Nel 147esimo incontro della rubrica “Dialoghi, la domenica con un libro” Marielisa Serone D’Alò ha presentato con le autrici il libro di Chiara Lalli (giornalista e docente di Storia della medicina e Deontologia – Sapienza) e Sonia Montegiove (giornalista e informatica) “Mai dati. Dati aperti (sulla 194) – Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere” (Fandango Libri).

Serone D’Alò ha detto che “il libro è uscito nel giugno 2022, prima delle elezioni e del cambio di governo. L’argomento sta già nel titolo sotto forma di domanda, è la legge 194 che non è di poco conto perché è complesso, mai abbastanza compreso: parliamo di diritto all’aborto ma sarebbe corretto dire che in Italia c’è solo una depenalizzazione di quell’azione. Il lavoro delle autrici si concentra sulla parte della 194 che riguarda l’obiezione di coscienza del personale sanitario. Hanno provato a capire cosa significa nel nostro Paese accedere a una struttura pubblica per praticare l’aborto”.

Lalli ha spiegato: “Abbiamo ripescato l’idea di disegnare una mappa con i dati della 194, riferiti alle singole strutture dato che la relazione di attuazione li presenta solo per media regionale, ma questo è solo parzialmente utile perché le dinamiche reali rischiano di venire nascoste, e per di più la relazione si avvale di informazioni vecchie di almeno due anni. Su questo aspetto della condivisione dei dati da parte della pubblica amministrazione abbiamo notato un miscuglio di sciatteria e disattenzione. Per discutere in modo sensato occorrono informazioni, ed è un fatto che parliamo da decenni dell’applicazione della 194 senza averle. Le responsabilità non sono chiaramente solo di questo governo, siamo arrivati qui per il disinteresse comune. Di fatto abbiamo una legge mediocre e un’applicazione disastrosa, e come sempre chi lo sconta maggiormente sono le persone con meno strumenti materiali”.

Montegiove ha raccontato il metodo seguito e le difficoltà incontrate: “Abbiamo interpellato per primo il Ministero della Salute, ma non sono mai arrivate risposte, neanche sui dati più basilari. Abbiamo quindi fatto degli accessi civici alle singole strutture sanitarie e ha risposto circa il sessanta per cento di queste, ma in modalità di dettaglio e accuratezza molto diverse. In una seconda fase abbiamo scritto anche alle Regioni, ma anche in questo caso abbiamo avuto riscontro solo da una parte di esse. Nel libro si racconta quindi anche la fatica di interagire con le pubbliche amministrazioni, la diversità delle loro risposte alle stesse domande. L’altro elemento preoccupante è che il Ministero ha questi dati ma non c’è una volontà politica di ‘aprirli’ e condividerli”. Per quanto riguarda la situazione dell’Abruzzo, qui “una sola struttura ha il 100 per cento di obiezione di coscienza, diverse altre sono sopra il 70. Su quindici ospedali solo sette sono ivg, ovvero praticano l’interruzione volontaria di gravidanza, gli altri non lo fanno se non per ragioni di urgenza o chiedendo in prestito personale da altre strutture. Sono state fatte nel 2021 in Abruzzo 1334 interruzioni di gravidanza”.

La registrazione del dialogo è disponibile qui