Le recenti richieste dei Presidenti delle Regioni Sicilia, Calabria e Basilicata di ottenere compensazioni per l’energia rinnovabile prodotta sui propri territori si prestano a diverse letture.

C’è innanzitutto un tema tutto politico: le rivendicazioni arrivano all’esecutivo da tre governatori di Forza Italia. E’ difficile sostenere che rappresentanti di quel partito sollevino nello stesso tempo in maniera casuale un tema che riguarda i poteri delle Regioni e la facoltà o il diritto di trattenere risorse attualmente incamerate dallo Stato. Di conseguenza è difficile sostenere che non lo facciano in contrapposizione alla Lega, il cui progetto cavallo di battaglia, l’autonomia differenziata, altro non è che il tentativo di sottrarre alla coesione nazionale fondi per dirottarli, stando a quel disegno, a vantaggio delle Regioni più ricche del Nord, incidentalmente quelle che il Carroccio governa. Forza Italia manda quindi un segnale; il percorso dell’autonomia differenziata si annuncia sempre più accidentato. A Fratelli d’Italia spetterà il compito di mediare e ricomporre, ma visti i contenuti piuttosto incontrovertibili del provvedimento così come si sta configurando, e i piuttosto precoci segnali di belligeranza, il tema è destinato a uscire dal sonno e dalla diluizione che il governo e la maggioranza promuovono con un’energia direttamente proporzionale al pericolo che rappresenta per l’unità nazionale. La vicenda appare anche una strada aperta per l’opposizione e per il Partito Democratico, una ragione in più per fare sempre di più del contrasto all’autonomia differenziata un fronte di battaglia politica convinto e privilegiato. Una ragione in più, non la principale, che è naturalmente da ricondurre alla priorità di difendere i territori più deboli e la qualità della coesione nazionale, che di tutto necessita tranne, viste le diseguaglianze territoriali che si riscontrano nel Paese, che di scossoni. L’ambizione deve essere al miglioramento, non alla demolizione.

Poi c’è la questione che attiene più strettamente alla produzione di energia rinnovabile, e tutto il portato di errori da parte del governo. Molto attivo nel rivendicare e “vendere” l’ambizione di puntare, ai fini dell’approvvigionamento energetico, sul gas, ma pressoché fermo per quanto riguarda l’energia green, a parte qualche operazione di semplificazione normativa. Il ritardo è persino culturale, e il caso innescato dalle proteste delle Regioni Sicilia, Calabria e Basilicata lo conferma: se si lascia come sta facendo l’esecutivo il pallino in mano ai territori, senza cogliere la valenza e la strategicità di un coordinamento nazionale, il risultato è il caos e la prospettiva il mercato delle vacche. Se invece si adottasse un approccio unitario, ponendo la questione dell’obiettivo dell’aumento della produzione complessiva di energia rinnovabile su un livello nazionale, allora anche il nodo della distribuzione dei proventi potrebbe trovare una dimensione standard, equa, stabilita a priori. Ma che il governo non abbia intenzione di muoversi lungo questa direttrice lo conferma la latitanza del piano delle aree idonee per le rinnovabili, lo strumento che ne è una condizione indispensabile.

 

Michele Fina