I ministri dell’Energia dell’Unione Europea hanno dato il via libera definitivo allo stop alla vendita di auto nuove a motori termici dal 2035. Il governo italiano si è astenuto isolando l’Italia sul piano internazionale e allineandola alla Bulgaria e alla Romania.

Il bando ai motori a combustione dal 2035 è uno dei pilastri della strategia europea per la transizione ecologica e la lotta al caos climatico. Per giudicare un intervento così radicale, teso a orientare e anche stressare l’industria e il mercato, occorre partire da un dato. I trasporti rappresentano circa un quarto delle emissioni di CO2 e sono l’unico settore che non è ancora riuscito a instradarsi verso una riduzione dei gas a effetto serra. Il governo Meloni, pur di mascherare la propria ambiguità rispetto al tentativo di smantellare la transizione ecologica, ha provato a mischiare le carte, tirando in ballo i carburanti derivanti da biomassa, per non sfavorire, si sostiene, il nostro Paese. Il punto è che della forte opposizione italiana ha di fatto beneficiato solo la Germania, riuscendo a ottenere un impegno a beneficio dei motori alimentati con carburanti sintetici. Nulla invece per quanto chiesto dall’Italia. Il primo elemento da rilevare è quindi l’inefficacia diplomatica, evidente a dispetto di quanto sostiene il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. La sterilità dello schema dell’esecutivo – opporsi in sede europea ai provvedimenti cardine della transizione ecologica, senza ottenere nulla rispetto alle richieste, più o meno condivisibili – l’abbiamo del resto già rilevata nell’ambito della redazione e approvazione della direttiva sulle case green: è stata persa l’occasione di orientare quel dibattito sul terreno del necessario contributo economico che dovrà arrivare dall’Ue. La strada, infatti, è già segnata e il percorso ineludibile.

Tornando alle notizie più recenti il problema vero, tuttavia, è un altro, ancora più grave, ovvero la mancanza di una politica industriale chiara e netta, che aiuti il settore automotive nella sua riconversione. D’altronde i grandi gruppi sono già autonomamente orientati verso quella dinamica, è il mercato che glielo impone. Il governo si dovrebbe quindi preoccupare di dare piena attuazione al programma GOL per la formazione dei lavoratori, di potenziare il contratto di sviluppo per la riconversione del comparto legato alla componentistica. I fondi ci sono, ricordo che abbiamo oltre 200 miliardi del PNRR da sfruttare, soldi presi in prestito dalle future generazioni, che sono le prime a chiedere la transizione ecologica. Eppure negli ultimi mesi il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza balza alle cronache solamente per le scadenze bucate. Il nemico è interno, è nella burocrazia, negli interessi di parte, nell’incapacità di immaginare un futuro, nell’assenza di risposte ai Comuni con in carenza di personale, nell’età elevata della pubblica amministrazione. Il gioco del nemico esterno e di dare la colpa a chi c’era prima è finito assieme alla luna di miele: Meloni si assuma la piena responsabilità di governo e offra risposte.

 

Michele Fina